Legna da ardere. Bruciarla è ecologico?

Stefano Rossignoli, 31 marzo 2024

Ecco la mia analisi, totalmente personale e limitata alle mie conoscenze, che riguarda l’utilizzo della legna da ardere nel riscaldamento domestico.

Una bella discarica da ripulire prima di cominciare a tagliare legna

Non sarà scienza esatta perché non supportata da dati sperimentali misurati, verificati, oggettivi e ripetibili, ma mi atterrò semplicemente all’analisi di un fenomeno da alcuni punti di vista e alla formulazione di una teoria.

L’argomento mi interessa da vicino perché uno dei miei hobby è proprio quello di raccogliere, tagliare e spaccare legna ed è anche una pratica che mi fa risparmiare soldi nel riscaldamento domestico. Mi dà il buon umore la vista della fiamma nel mio moderno ed efficiente camino e amo quella vita un po’ selvaggia che deriva dallo stare all’aperto a far legna.

Così il mondo è più bello!!!

Le mie priorità e i miei valori non mi permetterebbero di bruciare legna per riscaldarmi se non lo ritenessi a basso impatto ambientale. So bene che tutto quello che faccio ha un impatto (così come tutto quello che fate voi lettori carissimi) e so che non sono un santo, ma le mie decisioni, abitudini e cambiamenti sono volti ad un impatto ambientale sempre più basso e ad un continuo miglioramento ambientale e possibilmente personale.

Dopo aver sottolineato il piacere che mi dà la vita selvaggia, la vista della fiamma e il risparmio economico, arriviamo alle prime e più ovvie problematiche e classiche osservazioni che riguardano le polveri prodotte da stufe e camini e il danno alla qualità dell’aria circostante.

E’ un dato di fatto che bruciare legna immetta scorie solide e sottili nell’aria e la combustione di metano o gpl da riscaldamento produca quasi solamente vapore acqueo, anidride carbonica e pochi gas davvero nocivi.

Questa però è la visione di chi vuole l’aria pulita a “casa sua” e quel che succede altrove non lo riguarda o non la riguarda!

Una quercia da potare e sistemare in po’!

Come sanno i miei vecchi lettori, sono molto interessato alle dinamiche del pianeta Terra e in queste dinamiche rientrano anche quelle che riguardano il ritrovamento, l’estrazione, la raffinazione, la distribuzione, la vendita, l’utilizzo finale dei combustibili fossili e la gestione della questione da parte della società.

Se siete persone intuitive, avete già capito che l’impatto dell’utilizzo dei gas dalla combustione “pulita” non si limita all’effetto della fiamma della caldaia.

Credo che ci vorrebbe un libro per descrivere gli aspetti che riguardano l’utilizzo dei combustibili fossili ai quali ho pensato in questi ultimi anni, ma vi elencherò solamente qualcosa sperando di intrigarvi. Potrei partire considerando l’impatto della costruzione di una caldaia, ma partiamo dalla “fonte” di approvigionamento…

E poi c’è da lavorare!

Per trovare giacimenti è stata “percorsa” tanta strada dal punto di vista scientifico. E’ stata sfruttata molto la ricerca di base che ci sarebbe stata comunque. Scoperti però i primi sistemi con cui svelare le posizioni dei giacimenti, la ricerca degli idrocarburi è diventata protagonista nel campo delle scienze geologiche.

Da tempo penso che tutte le branche della geologia sopravvivano solamente perché esiste la ricerca degli idrocarburi!

Non si offendano vulcanologi, glaciologi, paleontologi, ecc, ecc, ma senza Tirannosauri la “benzina” si vende ugualmente e se i Campi Flegrei esploderanno o qualche altro paese finirà sotto frane e alluvioni, la “benzina” continuerà a farla da padrone finché ci sarà!

Anche la ricerca scientifica, in qualche modo costa al nostro pianeta. Avrete capito che non sto parlando di soldi. Parlo di costi ambientali, ma questo è niente!!!

Le tempeste estive hanno fornito materiale in abbondanza…

Una volta trovati i giacimenti di combustibili fossili, andiamo ad estrarre!

Quando parlo con le persone dell’enorme impatto che ha l’estrazione del petrolio, del metano o del carbone, ecc, nella maggior parte dei casi sono certo che pensino all’inquinamento dovuto ai pozzi di estrazione, ad eventuali fughe di petrolio in mare o sulla terra ferma, incendi, residui abbandonati delle vecchie torri di estrazione, che sono certamente importanti e da considerare.

In realtà però mi riferisco alla nascita e al grandissimo sviluppo di città che prima non esistevano e che ruotano intorno al lavoro di estrazione e ai conseguenti guadagni. Case, palazzi, industrie , turismo, ma anche asili, scuole fino all’università alle quali vanno forniti insegnanti, negozi, grandi magazzini, aeroporti, ricchezza fuori scala e conseguenti follie, magari in pieno deserto, dove innaffiare una pianta sul davanzale o addirittura avere un giardino è diventato normale e possibile solamente con grandissimo dispendio di energia e ci sarebbe molto altro da aggiungere…

La raffinazione e la distribuzione dei combustibili fossili le metto insieme, anche se Petrolio e gas metano vengono gestiti e distribuiti diversamente. La raffinazione, se gestita con cura (utopia?), è la parte del processo che mi sembra meno dannosa per l’ambiente, a parte per le quantità gigantesche di materia prima che vengono lavorate, processate e il conseguente abuso di spazi, risorse ed energia.

La distribuzione invece la classifico come estremamente impattante. Noi esseri umani siamo distribuiti in ogni angolo della Terra ed è ormai ritenuto un diritto avere molte comodità a portata di mano, quindi c’è una rete di distribuzione estremamente efficiente ma altrettanto impattante per l’ambiente in cui si trova e nel quale si è scavato ovunque. Abbiamo distribuito centinaia di migliaia di chilometri di tubi più o meno piccoli o giganteschi, navigano navi enormi e discutibili nei mari di tutto il pianeta e poi sì, il resto viaggia anche in strada o su rotaia…

Arriviamo alla vendita del metano e in generale dei gas o gasoli da riscaldamento… Qui gira l’economia mondiale. L’energia per la società è tutto.

Con l’energia si fa tutto: si coltiva, si produce, si cresce industrialmente, si studiano nuove tecnologie, si cresce economicamente, aumenta la popolazione che produce più ricchezza per chi riesce a prendersela.

La gestione finale poi è un intrico di normative, burocrazia a non finire, regole e regolette e un’industria del riscaldamento che è certamente all’avanguardia, ma che ha come fine primario il guadagno economico di vari settori e forse, solo come fine secondario, la sicurezza degli impianti e un minore impatto ambientale che mi pare quanto mai falso.

A meno che non siano stupidi, i gestori dell’energia non hanno come fine primario il basso impatto ambientale e qui arrivo all’ultimo punto che mi fa stare ancora meglio con me stesso quando controllo una zona infestata da alberi esotici e invasivi, o quando taglio o poto i miei salici, o le querce di un mio vicino…

Parlo di manipolazione della verità da parte di chi gestisce le fonti di energia.

Parlo di certi prodotti industriali che vengono venduti alla massa definendoli a “impatto zero” e parlo poi delle guerre per accaparrarsi le risorse primarie o le aree attraverso le quali avviene il trasporto dei combustibili attraverso rotte navali o gasdotti.

La prima cosa che ho fatto quando è stato ufficializzato l’attacco all’Ucraina da parte della Russia è stato sì arrabbiarmi e indignarmi che nel 2023 si potesse ancora cominciare una guerra “tradizionale”, (e purtroppo anche nel 2024) ma pochi minuti dopo sono andato a spegnere la caldaia per non dare più soldi a chi vendeva il metano e comunque, quasi tutti ce la siamo fatta sotto perché non sapevamo se avremmo potuto accendere la caldaia fino alla fine dell’inverno e in quelli successivi.

Con i costi ambientali di una guerra come quella in cui ,tra le altre cose, il metano è usato come ricatto, la mia motosega, lo spacca tronchi, la mia nuova sega circolare e le polveri della mia stufa e del mio camino le trovo ancor più pulite di prima.

C’è bisogno che scriva anche che mentre un legno brucia nella mia stufa, migliaia di migliaia di tonnellate di legna crescono nei boschi?

Non ce n’è per tutti, ovvio. Siamo cresciuti troppo grazie allo sfruttamento dei combustibili fossili e ora ne paghiamo le conseguenze. Abbiamo appena iniziato a farlo.

Questo per dire che qualora la legge mi impedirà di accendere la mia stufa, mi sentirò privato di un’altra fetta di libertà.

Ribadisco il concetto di libertà. Con il riscaldamento a legna non sporco l’aria più che con quello a metano, anzi, potrebbe essere proprio il contrario.

Tutto sta a pensare se voglio la mia casa pulita e il mondo attorno sporco, o un mondo un po’ meno sporco per tutti.

La fatica poi, in un modo o nell’altro, non manca mai e tutto si può migliorare!

Sono indeciso se aprire i commenti a questo articolo. Mi piacerebbe perché non sono convinto di avere la verità in tasca e tanti punti di vista diversi aiutano a migliorare. Quel che ho scritto però mi sembra ragionevole.

Sto pensando anche allo sfruttamento dell’energia solare dal punto di vista elettrico, fotovoltaico e non solamente fotosintetico, ma anche questo ha un grosso impatto.

Non veniamocela a raccontare!

Buona Pasqua!

Quando due mondi collidono: il Grande Scambio Biotico Americano

Davide Bertè – gennaio 2015

13 gennaio 2015 – Scrivo una brevissima presentazione, soprattutto per ringraziare Davide per aver reso disponibile questo prezioso testo a lettrici e lettori di scienzafacile.it che troveranno curiosa questa raccolta di notizie, nonché utilissima nello studio della paleobiogeografia e paleoecologia.

Recentemente gli è stato commissionato un capitolo intitolato “Paleontologia e paesaggio” da inserire in un libro che parla del “Paesaggio” in senso ecologico, ovvero, una visione più ampia dell’ecosistema per cui vi riporto a due letture, ma prima leggete l’estratto di Davide che ci racconta dei ripetuti passaggi di mammiferi tra le due Americhe!

La prima lettura è in casa nostra, il primo articolo che ho pubblicato su scienzafacile in cui cerco di far capire che l’unica arca che potrebbe conservare integralmente la vita sulla Terra è la Terra stessa a causa dell’estrema variabilità e interazione degli ecosistemi  e la seconda in un libro del 1999 che cerca di spiegare cosa sia l’Ecologia del Paesaggio http://www.treccani.it/enciclopedia/ecologia-del-paesaggio_%28Frontiere_della_Vita%29/) .

Il libro per cui ha scritto Davide uscirà a breve in Brasile ma noi abbiamo una delle fonti che parla e scrive nella nostra lingua e siamo contenti di poterne approfittare!

Grazie Davide!!!

SR

Davide Bertè
Davide Bertè

Circa tre milioni di anni fa l’emersione dell’istmo di Panama mise in collegamento il continente nord americano con quello sud americano.

Il Sud America terminò così un lungo periodo di isolamento cominciato circa 84 milioni di anni fa, quando si era separato dall’Africa. L’apertura dell’Atlantico meridionale durante il Cretaceo Superiore, l’ultima epoca del Mesozoico, determinò quindi la separazione di Africa e America meridionale.

Quando avvenne la separazione, gli ecosistemi delle terre emerse erano ancora dominati dai grandi dinosauri ma i mammiferi erano già presenti e differenziati nei principali gruppi: prototeri o monotremi (che depongono le uova), metateri o marsupiali ed euteri o placentati.

Con la separazione dall’Africa animali e piante sudamericane si ritrovarono completamente isolati dal resto del mondo; circa 65 milioni di anni fa l’estinzione dei dinosauri rese disponibili numerose nicchie ecologiche e i mammiferi ebbero una straordinaria radiazione adattativa.

Il Sud America funse da enorme laboratorio naturale e le strade dell’evoluzione portarono i marsupiali qui presenti verso soluzioni adattative uniche. Molte delle forme evolute in Sud America erano endemiche di questo continente e non avevano corrispettivi nel resto del mondo. Tra i gruppi più importanti vi erano sicuramente gli xenartri, che devono il loro nome (in greco: “strana articolazione”) alla presenza di una articolazione accessoria tra le vertebre, assente in tutti gli altri mammiferi. Al superordine degli xenartri appartengono vermilingui (formichieri), pilosi (bradipi) e cingulati (armadilli). Tra i rappresentanti estinti di questo gruppo ricordiamo i gliptodonti, i bradipi di terra e i pampateri. Altri mammiferi erano inclusi nel superordine dei meridiungulata, che includevano piroteri (simili agli elefanti, con tanto di incisivi trasformati in zanne), astrapoteri (simile a un ippopotamo, forse con una piccola proboscide, zampe posteriori robuste e quelle anteriori esili), notungulati (un gruppo molto diversificato che includeva animali di taglia variabile tra quella di un coniglio e quella di un rinoceronte) e litopterni (simili ai camelidi, il rappresentante più famoso di questo gruppo è Macrauchenia). I predatori principali erano grossi uccelli inetti al volo. Tra i mammiferi predatori vi erano gli sparossodonti che includevano tilacosmilidi, borienidi e proborienidi.

Macraucheria

Pur avendo una dieta a base di carne, questi marsupiali non erano imparentati con l’attuale ordine Carnivora, appartenente ai mammiferi placentati.

Infine vi erano i paucitubercolati, un gruppo di piccoli mammiferi insettivori o frugivori a cui attualmente appartengono solo i cenolestidi o opossum-toporagno con un areale limitato alle Ande.

Di queste faune sorprendono soprattutto le convergenze evolutive di forme molto distanti tra loro verso soluzioni anatomiche simili, come per esempio la Macrauchenia, un mammifero litopterno sudamericano molto simile al lama, un camelide oggi diffuso nelle stesse aree e in ambienti simili. Darwin, durante il suo viaggio intorno al mondo sul brigantino H.M.S. Beagle, ebbe modo di osservare dei fossili di Macrauchenia e notò la grande somiglianza con i camelidi ma anche che il numero di dita che appoggiano per terra era differente. Pur avendo classificato erroneamente Macrauchenia tra i perissodattili (animali che appoggiano sul terreno un numero dispari di dita come cavalli, tapiri e rinoceronti) Darwin tuttavia ebbe, da questo incontro, uno stimolo a ragionare sulla convergenza evolutiva.

Thylacosmilus atrox

Una delle forme di convergenza evolutiva più peculiari è rappresentata sicuramente da Thylacosmilus, una tigre dai denti a sciabola marsupiale. La somiglianza con le vere tigri dai denti a sciabola è straordinaria, soprattutto considerando che Leggi tutto “Quando due mondi collidono: il Grande Scambio Biotico Americano”

Paludi e Squame – Rettili e Anfibi d’Italia

Il Libro di Marco Colombo e Matteo Di Nicola

Stefano Rossignoli 22 ottobre 2014

Ascolta il file audio dell’articolo in formato .mp3

Tritone sardo o euprotto (Euproctus platycephalus), specie presente solo in Sardegna
Tritone sardo o euprotto (Euproctus platycephalus), specie presente solo in Sardegna, per la quale l’aggettivo “minacciata” è forse un eufemismo…

Eccolo!

Attraversa ancora la stradina pedonale i primi di novembre.

Che bello! Nero, nerissimo con quella meravigliosa striscia gialla sulla schiena!

Mi avvicino, sposto un po’ di foglie gialle, marroni e rosse che gli intralciano il percorso e lo osservo, con la sua andatura serpentina, ondeggiante a destra e sinistra.

Non è goffo ma è lento …è piccolo e un po’ invisibile tra le foglie e l’asfalto.

Ho paura che qualcuno lo investa, allora lo scorto fino a che ha attraversato completamente. Non resisto alla tentazione di sfiorare con le dita la sua pelle morbida e vellutata …e magari anche di prenderlo un attimo tra le mani.

Mi piace. Lo chiamo salamandra ma non lo è! Ho 7 anni. Sono piccolo e un po’ ignorante ma già stregato dalle bellezze della Natura…

Ora non succede più.

Sono passati più di 30 anni ma mi sembra ancora ieri, quando incrociavo i tritoni crestati giovanili su quella stradina nei pomeriggi dei primi di novembre.

Vorrei una fotografia.

Vorrei una fotografia del tritone ma anche di me a 7 anni che prendevo come un gioco il suo attraversamento da fosso a fosso. Li aiutavo, li disturbavo di sicuro, ma ero un bambino…e vorrei esserlo ancora con tutto quel ben di Dio intorno…

Ora però ne ho molte di immagini di quegli animali e anche di molti loro parenti Italiani.

le vecchie prove di stampa in "Casa Paludi e squame"
le vecchie prove di stampa in “Casa Paludi e squame”

Ho anche moltissime immagini di Rettili; anch’essi tutti Italiani. Italiani come me e come la maggior parte di voi lettori.

E’ così che li considero. Italiani!

Questi piccoli animali sono esattamente come noi, fanno parte del nostro ambiente come noi facciamo parte del loro;

un mondo dagli equilibri delicati sotto ogni punto di vista, anche ambientale.

Ed è così che li ritraggono Marco e Matteo, nel loro ambiente che è anche nostro, in uno stagno dietro casa, o a 2000 metri di quota, davanti alle mura di un castello, nell’atto di cacciare o di sfilare, di accoppiarsi, sulla difensiva e a volte ignari di quel che gli succede intorno, esattamente come noi.

Paludi e Squame, il nuovo libro fotografico di Marco Colombo e Matteo Di Nicola mi riporta ad osservare da vicino questi vertebrati meravigliosi. Sono queste le immagini che ora ho!

paludi e squame - Il libro di Marco Colombo e Matteo di Nicola
più grande della soddisfazione di fare questo libro, vi è solo la soddisfazione di presentarlo ai diretti interessati!

Mi riportano anche un po’ in dietro nel tempo, prima che i “nuovi” Gamberi killer della Louisiana si mangiassero tutte le larve dei tritoni e di molti rospi e rane delle mie parti.

I serpenti qui ci sono ancora…ma sempre di meno (Non vi dico dove di preciso, perchè così si fa!). Li osservo stregato durante l’estate ma, guardare le fotografie di Matteo e di Marco mi fa sorridere e rabbrividire ogni volta.

Sono semplicemente strepitose!

Paludi e squame! Un libro da avere in casa e da leggere e sfogliare spesso, per rendersi conto della bellezza di questi piccoli animaletti Italiani …e per rendersi conto di cosa stiamo perdendo.

Grazie a Marco e Matteo per questa raccolta di immagini.

Grazie per queste emozioni.

Conoscere per fotografare, fotografare per conservare…così scrivono sul retro della copertina!

Spedizione di  "Paludi e Squame"
oggi consegnati 98 libri… sono liquefatto! Notare il geco a tema sul vetro dell’auto

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