Buchenstein VS Perledo Varenna! I pesci fossili della Grigna Settentrionale

I primi Vertebrati fossili (Pesci e Rettili) trovati sulla Grigna sono stati estratti dai calcari neri e laminati conosciuti come ‘Nero di Varenna’ o, erroneamente ‘Marmo Nero di Varenna’ (erroneamente per il fatto che il nero di Varenna è un calcare a tutti gli effetti ovvero una roccia sedimentariea, mentre un marmo è una roccia metamorfica, ovvero un calcare trasformato da pressione e calore…)
Ancora più a est e quasi certamente collegato da alcuni canali d’acqua, si trovava un altro bacino con profondità simile a quello del Perledo-Varenna…e molto probabilmente un diverso contenuto in ossigeno al fondo…

Qui si formava il Buchenstein, ovvero un calcare bacinale, stratificato ricco in liste e noduli di silice sotto forma di selce (dovuti alla abbondante presenza di radiolari, organismi unicellulari a scheletro siliceo e all’attività vulcanica nelle vicinanze testimoniata anche da livelli cineritici dovuti all’accumulo sul fondale d ceneri vulcaniche…)

Ciao, mi presento: sono uno studente di geologia dell’università della Toscana, ho visto il tuo sito e devo dire che ammiro il tuo lavoro essendo un appassionato di Paleontologia fin da quando ero piccolissimo.

Ho visto che hai condotto degli scavi sulla Grigna Settentrionale o Grignone alla ricerca dei pesci,(deve essere stato fantastico vedere quelle meraviglie uscire dalla roccia) ora giungo al succo della mia domanda.
Siccome sto, anche se in anticipo, cercando di preparere una raccolta dati dei siti a pesci volevo sapere se quelli delle Grigne sono contenuti nella formazione di calcare di Perledo Varenna o esistono altre formazioni piu recenti? (dato che gli ultimi pesci dovrebbero essere stati scoperti da un’altra parte della Grigna Settentrionale se non erro).

In attesa di una cordiale risposta porgo Cordiali saluti
Frederic Solda

Ciao Frederic!
La domanda che mi poni in effetti è per ‘addetti ai lavori’ e basterebbe una riga per risponderti. Mi fai anche tornare alle grandi emozioni di alcuni momenti di quello scavo fantastico per tanti motivi, gente, colleghe/i, ambiente selvaggio…
Ti chiedo subito scusa se semplifico un po’ e magari introduco un poco l’argomento in modo che anche qualche ‘non addetto’ possa leggere e capire qualcosa…
Di sicuro però ti risponderò!!!

scavo_roccia

– Qui una ‘piccola’ photogallery degli scavi
…ma soprattutto di persone degli scavi in Grigna…

Stiamo parlando di pesci fossili ovviamente e Frederic sei ben informato.
I primi Vertebrati fossili (Pesci e Rettili) trovati sulla Grigna sono stati estratti dai calcari neri e laminati conosciuti come ‘Nero di Varenna’ o, erroneamente ‘Marmo Nero di Varenna’ (erroneamente per il fatto che il nero di Varenna è un calcare a tutti gli effetti ovvero una roccia sedimentaria, mentre un marmo è una roccia metamorfica, ovvero un calcare trasformato da pressione e calore…)
Questi fossili sarebbero stati trovati in alcuni blocchi franati in Val d’Esino o in una cava, ma tutto ciò che si sa sulla loro provenienza sono racconti… Già questo è affascinante se pensiamo che i ritrovamenti risalgono solo a metà del 1800…
Il Perledo-Varenna come viene chiamato normalmente da chi ci lavora o ci ha lavorato è un calcare bacinale (di un bacino d’acqua) formatosi nel Triassico medio in fondali marini mediamente profondi (nell’ordine del centinaio di metri), anossici (senza ossigeno) da cui il colore nero per la presenza di molta materia organica parzialmente decomposta…

Il bacino marino in cui si è formato il Perledo-Varenna era vicino ad una zona di mare basso detta piattaforma carbonatica (in cui, ad opera di organismi, grazie anche al clima caldo del mesozoico, si formava il carbonato di calcio ovvero il calcare massiccio!) che ha dato origine al Calcare di Esino il quale compone gran parte delle Grigne …dove si arrampica!

Ancora più a est e quasi certamente collegato da alcuni canali d’acqua, si trovava un altro bacino con profondità simile a quello del Perledo-Varenna…e molto probabilmente un diverso contenuto in ossigeno al fondo…

Qui si formava il Buchenstein, ovvero un calcare bacinale, stratificato ricco in liste e noduli di silice sotto forma di selce (dovuti alla abbondante presenza di radiolari, organismi unicellulari a scheletro siliceo e all’attività vulcanica nelle vicinanze testimoniata anche da livelli cineritici dovuti all’accumulo sul fondale d ceneri vulcaniche…)

Circa 25 anni fa A.Tintori, durante un’escursione sotto gli scudi del Grignone trovò il primo resto di Vertebrato fossile all’interno di queste rocce… Quando poi i tempi sono stati maturi è cominciata l’attività di ricerca dell’Unversità degli Studi di Milano di cui ho fatto parte e che ha portato ad una conoscenza più approfondita della distribuzione geografica e spaziale di molte specie di Pesci del Triassico medio lombardo.
Gli studi sui conodonti (parti di apparato boccale dei primi vertebrati che siano mai esistiti? …e poi estinti al limite superiore del Triassico) hanno reso possibile la datazione del Buchenstein riconducendolo al ladinico inferiore.
Ci sono molti generi somiglianti e a volte uguali tra le specie di Vertebrati del Perledo-Varenna e del Buchenstein. Troviamo somiglianze anche col trias medio del M. San Giorgio e sembra che, a piccola scala, si possano fare delle correlazioni stratigrafiche utilizzando anche i Vertebrati e non solo i microfossili…
E’ incredibile poi la somiglianza con alcuni generi cinesi, ma non oso addentrarmi nell’argomento lasciandolo agli approfonditi studi ancora in corso…
Ricordo solo che, nel triassico medio, Grigna e sud della Cina erano parte delle coste settentrionali dell’Oceano della Tetide di cui oggi restano solo dei resti e degli indizi …tra cui questi pescetti fossili che nel loro piccolo arrivano anche al metro e mezzo di lunghezza!

Sperando di aver soddisfatto le tue richieste…
cordialmente ti auguro buoni studi universitari!
A presto e continua a visitarci.

Bibliografia:
Da lavori vari del prof. Andrea Tintori tra cui moltissime chiacchierate fatte insieme, …e la fortuna di lavorare a stretto contatto con Paleontologi professionisti, studenti e appassionati di grande calibro!

Stefano Rossignoli 24 settembre 2010

La lunga strada per lavorare coi fossili e per diventare paleontologo/a

Raccontare questa cosa è un po’ come raccontare la storia della mia vita dal punto di vista lavorativo e, sul mio blog di divulgazione, lo faccio molto volentieri.

Un bel caffè

La prima cosa da fare per poter lavorare coi fossili è di certo applicarsi nello studio delle materie scientifiche…
Il mio passato di studente è durato parecchio, se considero che mi sono avvicinato ai banchi di scuola come tutti a circa tre anni e mi son portato a casa la laurea a circa 27 ed il tutto è stato abbastanza travagliato!
Di certo ho avuto periodi buoni e periodi meno buoni!
Dopo i classici tre anni di scuola materna, i cinque delle scuole primarie e i tre della medie, ho scelto di diventare perito meccanico presso un ITIS.
Mentre nei primi due anni ho avuto un ottimo rendimento, successivamente ho faticato a sopportare lo ‘stile’ di alcuni miei insegnanti con evidente peggioramento dei miei voti e del mio rendimento. Nonostante tutto, il piacere per la meccanica non l’ho mai perso.
Sono uscito da scuola convinto che non avrei mai più studiato e invece…
Dopo un anno a lavorare un po’ qui e un po’ là, avevo superato un test per un corso di programmazione in linguaggio C che ai tempi era una cosa piuttosto nuova, ma il giorno stesso è arrivata la classica cartolina blu che mi ‘invitava’ a partire per assolvere il servizio di leva militare!
E vabbè. Se ne riparlerà tra un anno!!!

A militare, poco dopo aver compiuto i miei vent’anni, sono arrivati in caserma due ingegneri di 26 e 27 anni. Uno di questi era nella mia cameretta e vedeva che leggevo parecchio. Un giorno in cui ho detto che mi sarebbe piaciuto tornare a studiare mi ha consigliato di iscrivermi in università e mi ha pure convinto!
Cambiamento radicale però: Mi iscrivo a Scienze Naturali che unisce materie di base come Matematica, Fisica, Chimica a quelle delle Scienze Biologiche e della Terra.

Pronti via! E’ novembre del 1994 quando mi presento alle 8 del mattino in aula 100 del settore didattico di via Celoria 20 a Milano! Che ricordi… Lì già dal primo giorno ho incontrato gente con cui avrei diviso poi parecchi anni ed esperienze della mia vita, Ivan, Paola, Antonella, Davide, Daniele, Marco, Alessandra…
Sta di fatto che dopo alcuni anni, a volte spensierati, a volte un po’ meno, sono arrivato alla laurea! E’ stato durante il primo mese di corsi che ho sentito parlare dei fossili.
Di quel che ho studiato poi mi è piaciuto quasi tutto, soprattutto la paleontologia, la botanica, la glaciologia, la fisiologia, la geografia fisica…
Ho scelto comunque di fare una tesi paleontologica che ho concluso con esito discutibile per svariati motivi, ma non certo per la mancanza di impegno ed entusiasmo…
L’ultimo anno di università mi è capitato per caso di dover sostituire una Guida, su alla Grotta dell’Orso del Monte Generoso e di poter aiutare alcuni tesisti tra cui Fausto nello scavo dei fossili di Ursus spelaeus.
Da lì, ho continuato a frequentare l’Università per gli scavi in grotta e soprattutto per la pulitura e preparazione dei fossili che trovavamo…
E’ questo che son diventato: un preparatore di fossili, cioè colui che cerca i fossili e poi li rende disponibili alla studio o all’esposizione.
In effetti poi mi son dedicato anche alla ricerca e preparazione di fossili di altri siti di scavo, ultimo tra questi la ‘Grigna Settentrionale’ coi suoi pesci di più di duecento milioni di anni fa…
Un preparatore poi deve sapere realizzare i calchi, cioè le copie esatte dei fossili. Io ad esempio me la cavo molto bene su quelli in lastra! In 3D non mi ci sono ancora dedicato, ma all’occorrenza imparerò!

Colorazione di un Calco (Foto di Stefano Marchina)

Strumenti per la preparazione

Nel mio lavoro, basi di Meccanica sono indispensabili per mantenere efficenti gli strumenti o per costruirne di nuovi. Servono anche basi di Educazione Artistica per la colorazione dei calchi o per garantire un buon risultato estetico qualora il fossile venisse esposto…
Ultimo ma non meno importante è anche indispensabile saper dialogare con gli studenti o gli appassionati che si incrociano abbondantemente svolgendo questo lavoro.
Questo è il curriculum che viene richiesto normalmente ad un preparatore in un Museo o Università statunitense…senza dimenticare le gambe buone e la possibilità di trasportare carichi di qualche decina di chili anche su terreni molto ripidi!!!

Per diventare veri Paleontologi??
Bisogna studiare i fossili, cioè descriverli, collocarli nell’albero filogenetico delle specie e cercare di ricostruire il loro ambiente e per quanto possibile la loro vita…
Di solito io non mi occupo di questo, ma mi piace molto chiacchierare coi paleontologi e dire la mia riguardo ai loro studi, soprattutto sui fossili preparati da me e che sento quasi sempre un po’ miei!

Lo trovo un bel modo di lavorare e di stimolare la mente!
Ogni volta nella ricerca e preparazione c’è qualche problema da risolvere e mi piace cogliere la sfida che ne deriva inventando sempre qualcosa per uscirne bene …possibilmente!!!

I Fossili. Cosa sono e come si conservano.

I fossili sono resti riconoscibili di organismi vissuti nel passato, comprese le tracce di attività biologica …anche queste ultime del passato, s’intende!
Premetto che odio le definizioni, sono sterili e difficili da memorizzare, ma la definizione di fossile invece è molto semplice e dice già tutto.

Stefano Rossignoli 24 Settembre 2009

Caspita! Avete abbastanza tempo? Diciamo che ci vorrebbero almeno un paio di settimane, per leggere una buona parte dei casi di fossilizzazione conosciuti, ma una cosa possiamo farla velocemente: scrivere cosa sono i fossili…

scavo paleontologico in roccia
scavo paleontologico in roccia

 

I fossili sono resti riconoscibili di organismi vissuti nel passato, comprese le tracce di attività biologica …anche queste ultime del passato, s’intende!

Premetto che odio le definizioni, sono sterili e difficili da memorizzare, ma la definizione di fossile invece è molto semplice e dice già tutto.

Dico questo perchè basta aggiungere o togliere qualche parola per alterarla…
Ad esempio basterebbe dire che sono resti pietrificati e potremmo creare molta confusione, non sapendo come chiamare un Mammuth congelato o usando termini poco esplicativi come ‘sub-fossili’… o dimenticare di scrivere riconoscibili e allora anche il petrolio che deriva da decomposizione di organismi, dovremmo dire che è un fossile…
Comunque sia, l’importante è avere le idee chiare e non complicarsi la vita!
Allora, per quanto mi riguarda, un dinosauro, un mammuth, una pianta, una conchiglia, un’organismo, purchè sia del passato(non per forza estinto, magari anche esistente tutt’ora) è un fossile, qualunque sia il suo stato di conservazione.
Facile, no?
E così un problema l’abbiamo risolto!
Ma le tracce? Di che tipo sono? Di cosa stiamo parlando?
Di tracce!!! della più comune specie… Un orma, una tana, l’impronta lasciata da un morso, un escremento, un uovo, cioè tutto ciò che ci indica la presenza di uno o più organismi o un loro tipo di comportamento…
Nella letteratura specializzata le troverete sempre col nome di un comportamento, e non di un organismo in quanto di solito non si capisce con precisione chi le ha lasciate!

Ed ora veniamo alla fossilizzazione… come si conservano i fossili?
Lo studio dei processi di conservazione viene chiamato tafonomia e si occupa di capire cosa è successo al fossile dal momento della morte dell’organismo, fino al suo ritrovamento.
L’evento più importante (necessario ma non sufficiente) che deve accadere è di certo il seppellimento ed è così importante che divide letteralmente in due la tafonomia!
1 – La Biostratinomia che va dalla morte dell’organismo fino al suo seppellimento.
2 – La fossilizzazione in senso stretto o fossildiagenesi, al termine della quale il fossile sarà litificato (cioè trasformato in roccia) e in equilibrio con la litosfera… (la parola fossildiagenesi fa pensare che non si possa chiamare fossile un resto di organismo antico non diagenizzato, ovvero non litificato! …ma come dicevo poco fa, non mi piace tanto questa storia…).

Come dico spesso, la conservazione e soprattutto il ritrovamento di un fossile sono frutto di una serie di coincidenze e quindi è un processo letteralmente improbabile, quindi sono pochissimi i resti che conosciamo rispetto all’effettivo numero di organismi vissuti nel passato.

Ora mi sembra inutile elencare in modo dettagliato ogni aspetto della conservazione nel tempo di un organismo, ma vediamo almeno in generale cosa può accadere.

Prima di tutto bisogna dire che quando un organismo muore, sono innumerevoli le cose che possono accadergli e non tutte favoriscono la fossilizzazione. Basti pensare che un organismo morto può essere mangiato in parte o completamente, oppure può essere trasportato da una corrente molto forte e quindi distrutto o disarticolato. Da qui si deduce che sono buoni luoghi di fossilizzazione quegli ambienti dove la vita è assente o non è favorita, in modo che siano pochi o assenti gli organismi (ad esempio i predatori o i necrofagi mangiatori di carogne) che possono mangiare e/o dirstruggere l’organismo morto…
E’ quindi ovvia l’importanza del seppellimento che serve a proteggere il resto, quasi come se fosse chiuso in una cassaforte…
E’ importante che il seppellimento avvenga con una buona velocità, in modo da proteggere quanto prima l’organismo morto. Anche da sepolto però, ciò che rimane, può essere distrutto dal passaggio di altri organismi, oppure può essere addirittura sciolto…

A questo proposito bisogna precisare che le parti di un essere vivente, reagiscono in modo diverso a seconda del materiale di cui sono fatte…

Dobbiamo distinguere tra parti dure: ossa, gusci, corazze, parti di piante lignificate, corna ossee (già, perchè ad esempio quelle dei rinoceronti non sono ossee come ad esempio quelle di un bovino, ma sono fatte di materia organica), ecc e parti molli, composte di materia organica come pelle, carne, unghie, peli, il corpo dei molluschi, dei vermi, ecc.

Il destino della materia organica e quindi in generale delle parti molli, è quello di non conservarsi nel tempo e di venire mangiate o comunque decomposte ad opera di microorganismi anche dopo il seppellimento. Solo molto raramente avviene la loro conservazione, ad esempio tramite il congelamento oppure la litificazione…
Sono le parti dure che si conservano più facilmente.
La maggior parte dei fossili che si trovano, sono litificati, cioè trasformati in roccia. Molto spesso è stata l’acqua ad impregnare le parti dure depositando sali minerali al loro interno.
Ma cosa sono i sali minerali?
Sono minerali (ovvero i componenti delle rocce) che si possono sciogliere in un solvente, in questo caso nell’acqua. Non sono salati, cioè saporiti!!! Un sale è semplicemente un composto chimico le cui molecole si sciolgono dividendosi in due parti, ma ‘forse’ per questo è meglio rivolgersi a un chimico!!

Un sale minerale comune? Il cloruro di sodio, ovvero il sale da cucina, ma anche il carbonato di calcio, ovvero il calcare, il fosfato di calcio, ecc… Ce ne sono a bizzeffe!
Litificare però non è il solo modo di conservarsi. Un organismo può congelare e raffreddarsi a tal punto che la decomposizione si blocca e si conserveranno anche le parti molli (fino a che non sgeleranno e allora ricominceranno i processi di decomposizione), può carbonizzare, cioè bruciare solo parzialmente, può essicare, formando un resto che viene chiamato ‘mummia naturale’.

mummia naturale
Una mummia naturale di un piccolo roditore

Può succedere veramente di tutto!

Ma ricordate che qualunque sia l’organismo in questione, è molto più facile andare incontro a processi che degradano il resto, piuttosto che conservarlo. Starà alla fortuna e abilità del paleontologo riportare alla luce i resti di un mondo passato tutto da scoprire e da studiare…

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