Paleontologia o Paleontofilia? La Paleontologia è per bambini?

Quello che penso è che la paleontologia, come tutte le scienze vada studiata ed approfondita.

Gli scienziati spesso tendono a ritenere estremamente importante il loro campo di ricerca, fino a pensare che sia una priorità assoluta e credo che, seppur esagerato, questo sia un modo per riuscire ad ottenere il meglio da una disciplina e richiede moltissima dedizione.

Campagna Multidisciplinare Scienze Naturali unimi 2011 - Grigna Settentrionale
Campagna Multidisciplinare Scienze Naturali unimi 2011 - Grigna Settentrionale

Ritengo però che  i risultati migliori vengano poi ottenuti quando ci si rende anche conto che il tutto sia solo un ago in un pagliaio e, nonostante l’entusiasmo, farne a meno non avrebbe cambiato così tanto il corso delle cose …cosa che poi si rivela non sempre vera. Certe scoperte hanno cambiato certamente il nostro mondo ma il mondo poi, probabilmente andrà avanti anche senza di noi …tra un po’!

Questo ovviamente parlando in termini paleontologici e geologici!

La Paleontologia (ovvero lo studio dei fossili) è una scienza quanto mai complessa e che richiede un background di biologia, zoologia, botanica, sedimentologia, geologia,  stratigrafia, ecc, ecc.

Il pensiero comune è che la Paleontologia siano i Dinosauri. Ok. Anche se lo fosse (e non lo è), sono estremamente complessi gli studi seri per arrivare alle ricostruzioni dell’animale e dell’ambiente in cui viveva, per non parlare della ricostruzione delle sue abitudini e comportamenti, cosa che non sempre è possibile ma, se lo è, è solo nel caso in cui si trovino tracce fossili (le stesse tracce che può studiare un investigatore) importanti, significative e univoche.

La didattica attuale tende a ‘raccontare’  di Paleontologia ai bambini ed io penso che ogni argomento scientifico, quindi anche la paleontologia, se trattata da un addetto ai lavori, possa allargare il modo di pensare di un bambino o di un ragazzo ma a questo proposito volevo raccontare un aspetto, solo in qualche riga, la classica visita guidata in grotta o in museo o in ambiente naturale (cosa che personalmente apprezzo molto di più) fatta dalla classica famigliola con figli piccoli…

“Andiamo a vedere la grotta dell’orso”, “Andiamo al Museo di Storia Naturale” “Andiamo a vedere i fossili di quella Montagna”… E il risultato è sempre quello: I bambini sono inevitabilmente entusiasti per qualche minuto e poi i genitori o parenti adulti ci si mettono sempre di mezzo e allora le domande sono fatte più dai grandi che dai piccoli e scatta quell’interesse per la conoscenza che va al di là del racconto. La paleontologia è una scienza. Lo studio della scienza si impara ed ha un suo modo di essere condotto.

La scienza può essere presa certamente e volentieri come un gioco. Ma è un gioco mooooolto complicato!

…per bambini?

Certo che è per bambini!

Ma anche per quelli dai 20 anni in su!!! …salvo eccezioni s’intende!!! …qualcuno resta bambino anche un bel po’ dopo. Io ne sono la prova!!!!

La ‘Grotta dell’Orso’ sul Monte Generoso

Stefano Rossignoli 21 ottobre 2010

www.cavernagenerosa.it

Qualche giorno fa, sono stato interpellato dall’amica Paleontologa Barbara Laurenti dell’associazione l’Armadillo che mi chiedeva se fossi disponibile per tornare sul Monte Generoso a fare alcune visite guidate di fine stagione per le scolaresche.

Il Monte Generoso e la sua Grotta dell’Orso sono per me infatti vecchie conoscenze e camminare per quei prati, boschi e calcari traforati da più di 80 grotte scoperte fino ad ora, è quasi come camminare nel corridoio di casa.
E’ quindi visibilmente emozionato che mi sono presentato dopo un anno e mezzo di assenza da quelle parti.

Prima visita guidata prenotata per le 11:30.
Io però sono arrivato presto.
…Molto presto, perchè il Monte Generoso offre il meglio di sè nelle ore di scarsa frequentazione.
La sua cima (o comunque poco sotto) è raggiunta da una cremagliera che porta ogni giorno centinaia di persone a godere dello splendido panorama che offre questo balcone naturale sulle Alpi e sulla Pianura Padana.

Un lato ‘positivo’ della gente che arriva col trenino in cima è che normalmente non ama camminare quindi, a breve distanza dalla stazione di arrivo della cremagliera, ci si trova proiettati comunque in un ambiente selvaggio e naturalisticamente importante …non solo per la presenza di una sottospecie endemica (cioè tipica solo di quel luogo ..anche se in realtà è ancora più bella da guardare sul vicino Sasso Gordona) di Peonia officinalis, ma per una serie innumerevole di organismi animali e vegetali che vi abitano, per la sua geologia e la sua storia antichissima, per quella antica e per quella più recente fatta da contrabbandieri e pastori.

Da dove salgo oggi?
Mi presento a ‘Bellavista’ dove da giugno a settembre compresi si paga il parcheggio (neanche molto in realtà) ma in ottobre è gratuito lasciare l’auto.
Ho percorso la stretta stradina che da Mendrisio passa tutta a curve attraverso un vastissimo bosco di castagni che ora a 1200m circa sono sostituiti dalla faggeta.
In questi boschi spesso ho visto Cervi, Caprioli, Camosci, Tassi, Topolini, Qualche Cinghiale, Falchi di varie specie tra cui il più comune è il Gheppio, il Corvo Imperiale, il Picchio Nero, Beccacce, Rane, rospi, Biacchi, Vipere, Lucertole, Orbettini …ma non vado avanti sennò arrivo a sera!!!
Parlare delle piante è quasi inutile, non ne sono in grado… Lo potrebbe fare in modo esauriente l’amico Attilio Selva che incontravo più e più volte su per la montagna mentre ne studiava la flora per redarre i suoi libri… Ora, quando non insegna, lo potete incontrare spesso al Museo della Valsanagra a Grandola e Uniti dove si occupa anche della sala di Paleontologia…
Da Bellavista una sterrata chiusa da una sbarra parte verso la stazione intermedia del trenino a cremagliera. Dalla stazione, una volta attraversati i binari, parte il piccolo e mai troppo ripido sentiero che porta in cima al Monte superando la faggeta, poi vasti ‘boschi’ di felci e poi il pascolo.
In prossimità delle baite vicine alla cima, il sentiero a volte è sbarrato da alcuni cancelletti per non far disperdere il bestiame. Basta aprirli e poi richiuderseli alle spalle…
Da qui, si può raggiungere la cima del Generoso e godere di una vista a 360° tutt’intorno, oppure per la grotta si prosegue quasi in piano verso ENE (circa ad est!) su una comoda stradina.
Vi trovate ora sul confine Italo-Svizzero!
Percorsi circa due o trecento metri, si svolta a sinistra in discesa (indicazioni gialle nei periodi di apertura della Grotta e comunque la discesa inizia su una evidente rampetta in cemento) e si entra in Italia camminando per altri 20 min circa fino ad arrivare all’apertura della grotta a 1450m di quota vicini ad un ciclopico faggio…

Perchè tante grotte sul Monte Generoso?
Come gran parte delle Prealpi, anche questa montagna è composta principalmente di Calcare. Il calcare (CaCO3) è un sale e si scioglie in presenza di acqua. Se l’acqua è lievemente acida (come quella piovana) si scioglie ancora meglio.
Non a caso uno dei metodi utilizzato dai geologi per riconoscere il calcare da altri tipi di roccia è versare una goccia di acido cloridrico, HCl (95%vol di acqua e 5%vol di HCl) e vedere se reagisce oppure no.
Se frizza è calcare!!!
Basta quindi una piccola fessura nella roccia ed una notevole dose di tempo (da decine a centinaia di migliaia di anni o milioni) perchè questa fessura si allarghi fino a diventare una grotta.
Ovviamente di spaccature e fessure ce ne sono tante e man mano che si allargano formano dei veri e propri reticoli di grotte all’interno della montagna. Queste grotte sono solitamente collegate tra loro e trasportano acqua (e aria) formando una rete idrica interna.
Molti cunicoli orizzontali si aprono in grandi camere e i vari livelli di grotte sono collegati tra loro da altre aperture verticali chiamati camini
L’interno della montagna rimane quindi impregnato di acqua quasi in ogni sua parte e le grotte dei livelli inferiori sono quasi sempre piene di acqua e spesso (come nel caso del Monte Generoso) dei veri acquedotti naturali. Quelle dei livelli superiori si riempiono man mano che le precipitazioni si fanno importanti e poi riversano il contenuto in quelle inferiori.
Questo fenomeno di formazione delle grotte e altre morfologie nel calcare è conosciuto come Carsismo (dal noto gruppo montuoso friulano del ‘Carso’, guarda caso calcareo!) ed interessa moltissime zone del nostro pianeta in cui masse di calcari affiorano trovandosi in balia delle precipitazioni meteoriche…

Ma chi era e cosa ci faceva in grotta l’Orso delle Caverne?
L’Orso delle Caverne (nome scientifico: Ursus spelaeus) era un grosso animale dall’aspetto robusto. Coi suoi 50cm di cranio e circa 3m di lunghezza dalla punta del muso alla coda, raggiungeva anche più di 800Kg di peso. Erano i maschi gli individui più grandi.
Per quanto risulti strano nell’immaginario collettivo, l’orso delle Caverne non era specializzato per una dieta carnivora, ma per una dieta essenzialmente vegetariana.
Un carnivoro ha tutti i denti aguzzi e taglienti, …non solo i canini!
Provate a tirar su la guanciotta a un cane o a un gatto e guardate i denti posteriori!!!
Ursus spelaeus invece, si porta un ‘corredo’ di premolari e molari molto larghi e piatti, ideali per triturare i vegetali.
Solo i quattro grossi canini restano a dimostrare le origini e la parentela con i suoi antenati e parenti strettamente carnivori, oppure onnivori…
Le abitudini di vita di questo grosso Orso dovevano comprendere ore e ore passate a mangiare ogni giorno.
I vegetali infatti nutrono meno della carne e se ne deve quindi mangiare una maggior quantità.
D’estate quindi questo animale accumulava grasso fino a che giungeva il periodo del letargo in cui Ursus spelaeus andava a cercarsi una grotta dove passare l’inverno.
Ma se d’estate l’orso aveva mangiato poco? Se non aveva accumulato grasso a sufficienza per il lungo inverno da passare in grotta? Supponiamo anche che avesse avuto un problema alla dentatura. Denti vecchi, consumati, o rotti…
Un problema del genere si risolveva normalmente con la morte dell’individuo.
E se l’individuo era una femmina adulta?
Questa normalmente partoriva in grotta, si pensa alla fine del letargo e se era troppo magra non aveva latte, così il piccolo moriva quasi subito di fame o addirittura nel grembo insieme alla madre…
Queste tristi storie sono documentate da decine di migliaia di ossi (si chiamano ossi quelli degli animali!) di orsi tra cui moltissimi di femmine adulte e una miriade di ossi e denti di cuccioli appena o mai nati.
Ricordo quando per una tesi setacciai con Paolo Vismara (oggi dottorando in Paleontologia dei Vertebrati) centinaia di chili di sedimento proveniente dagli scavi universitari in grotta e poi lo guardammo tutto al microscopio binoculare in cerca di denti fossili di micromammiferi (principalmente topolini) per ottenere una ricostruzione paleoambientale… Ricordo le decine, o forse centinaia, di denti da latte di piccoli orsi che trovammo….

Anche i grossi maschi morivano, ma in minor quantità…
Le datazioni dei reperti della Caverna generosa vanno dagli oltre 50000 anni fa all’attuale… Siamo nel Pleistocene e Olocene (vedi scala dei tempi geologici)
L’orso delle caverne si è estinto circa 20000 anni fa e in questa grotta si può seguire il periodo del declino di questa specie in cui le condizioni di salute di Ursus spelaeus continuavanono a peggiorare fino alla scomparsa definitiva…
Sarebbe certamente bello scoprire la causa di questo declino, ma per ora non ci è concesso…
In un primo tempo si pensava all’ultima glaciazione che ebbe il suo picco più freddo circa 20000anni fa, ma ora si pensa che non sia stata la causa primaria dell’estinzione, in quanto Ursus spelaeus comparve circa 300000 anni fa e passò quindi due glaciazioni senza problemi mentre l’ultima gli fu fatale…certo che fu anche minimamente più fredda…

In ultimo, la Caverna Generosa è anche uno dei luoghi che mostrano tra le più antiche frequentazioni italiane da parte dell’uomo di Neandhertal.
Sono stati trovati alcuni utensili come dei raschiatoi, manufatti e lame in pietra scheggiata, più precisamente selce rossa che non arriva dalla grotta, in quanto anche nelle zone limitrofe c’è solamente selce nera o grigiastra.
L’uomo di Neandhertal quindi doveva frequentare la caverna in estate per la caccia arrivando da chissà dove con la selce lavorata o da lavorare e poi d’inverno se ne tornava da qualche parte più in basso al riparo dal gelo della montagna…

Montagna di mille colori il Monte Generoso in autunno.
Una bella gita da unire, perchè no, alla visita della grotta.
I paleontologi dell’Associazione l’Armadillo saranno sempre felici di accompagnarvi a scoprire le meraviglie di un passato che ci sembra così lontano ma in realtà è così dietro l’angolo …o meglio, dentro un cunicolo!!!!


Che bei ricordi!!!

Per informazioni: www.cavernagenerosa.it

La lunga strada per lavorare coi fossili e per diventare paleontologo/a

Raccontare questa cosa è un po’ come raccontare la storia della mia vita dal punto di vista lavorativo e, sul mio blog di divulgazione, lo faccio molto volentieri.

Un bel caffè

La prima cosa da fare per poter lavorare coi fossili è di certo applicarsi nello studio delle materie scientifiche…
Il mio passato di studente è durato parecchio, se considero che mi sono avvicinato ai banchi di scuola come tutti a circa tre anni e mi son portato a casa la laurea a circa 27 ed il tutto è stato abbastanza travagliato!
Di certo ho avuto periodi buoni e periodi meno buoni!
Dopo i classici tre anni di scuola materna, i cinque delle scuole primarie e i tre della medie, ho scelto di diventare perito meccanico presso un ITIS.
Mentre nei primi due anni ho avuto un ottimo rendimento, successivamente ho faticato a sopportare lo ‘stile’ di alcuni miei insegnanti con evidente peggioramento dei miei voti e del mio rendimento. Nonostante tutto, il piacere per la meccanica non l’ho mai perso.
Sono uscito da scuola convinto che non avrei mai più studiato e invece…
Dopo un anno a lavorare un po’ qui e un po’ là, avevo superato un test per un corso di programmazione in linguaggio C che ai tempi era una cosa piuttosto nuova, ma il giorno stesso è arrivata la classica cartolina blu che mi ‘invitava’ a partire per assolvere il servizio di leva militare!
E vabbè. Se ne riparlerà tra un anno!!!

A militare, poco dopo aver compiuto i miei vent’anni, sono arrivati in caserma due ingegneri di 26 e 27 anni. Uno di questi era nella mia cameretta e vedeva che leggevo parecchio. Un giorno in cui ho detto che mi sarebbe piaciuto tornare a studiare mi ha consigliato di iscrivermi in università e mi ha pure convinto!
Cambiamento radicale però: Mi iscrivo a Scienze Naturali che unisce materie di base come Matematica, Fisica, Chimica a quelle delle Scienze Biologiche e della Terra.

Pronti via! E’ novembre del 1994 quando mi presento alle 8 del mattino in aula 100 del settore didattico di via Celoria 20 a Milano! Che ricordi… Lì già dal primo giorno ho incontrato gente con cui avrei diviso poi parecchi anni ed esperienze della mia vita, Ivan, Paola, Antonella, Davide, Daniele, Marco, Alessandra…
Sta di fatto che dopo alcuni anni, a volte spensierati, a volte un po’ meno, sono arrivato alla laurea! E’ stato durante il primo mese di corsi che ho sentito parlare dei fossili.
Di quel che ho studiato poi mi è piaciuto quasi tutto, soprattutto la paleontologia, la botanica, la glaciologia, la fisiologia, la geografia fisica…
Ho scelto comunque di fare una tesi paleontologica che ho concluso con esito discutibile per svariati motivi, ma non certo per la mancanza di impegno ed entusiasmo…
L’ultimo anno di università mi è capitato per caso di dover sostituire una Guida, su alla Grotta dell’Orso del Monte Generoso e di poter aiutare alcuni tesisti tra cui Fausto nello scavo dei fossili di Ursus spelaeus.
Da lì, ho continuato a frequentare l’Università per gli scavi in grotta e soprattutto per la pulitura e preparazione dei fossili che trovavamo…
E’ questo che son diventato: un preparatore di fossili, cioè colui che cerca i fossili e poi li rende disponibili alla studio o all’esposizione.
In effetti poi mi son dedicato anche alla ricerca e preparazione di fossili di altri siti di scavo, ultimo tra questi la ‘Grigna Settentrionale’ coi suoi pesci di più di duecento milioni di anni fa…
Un preparatore poi deve sapere realizzare i calchi, cioè le copie esatte dei fossili. Io ad esempio me la cavo molto bene su quelli in lastra! In 3D non mi ci sono ancora dedicato, ma all’occorrenza imparerò!

Colorazione di un Calco (Foto di Stefano Marchina)

Strumenti per la preparazione

Nel mio lavoro, basi di Meccanica sono indispensabili per mantenere efficenti gli strumenti o per costruirne di nuovi. Servono anche basi di Educazione Artistica per la colorazione dei calchi o per garantire un buon risultato estetico qualora il fossile venisse esposto…
Ultimo ma non meno importante è anche indispensabile saper dialogare con gli studenti o gli appassionati che si incrociano abbondantemente svolgendo questo lavoro.
Questo è il curriculum che viene richiesto normalmente ad un preparatore in un Museo o Università statunitense…senza dimenticare le gambe buone e la possibilità di trasportare carichi di qualche decina di chili anche su terreni molto ripidi!!!

Per diventare veri Paleontologi??
Bisogna studiare i fossili, cioè descriverli, collocarli nell’albero filogenetico delle specie e cercare di ricostruire il loro ambiente e per quanto possibile la loro vita…
Di solito io non mi occupo di questo, ma mi piace molto chiacchierare coi paleontologi e dire la mia riguardo ai loro studi, soprattutto sui fossili preparati da me e che sento quasi sempre un po’ miei!

Lo trovo un bel modo di lavorare e di stimolare la mente!
Ogni volta nella ricerca e preparazione c’è qualche problema da risolvere e mi piace cogliere la sfida che ne deriva inventando sempre qualcosa per uscirne bene …possibilmente!!!

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