Le età della pietra

Come in ambito paleontologico si classificano le forme viventi in base alla loro morfologia, così in archeologia, pur con le limitazioni del caso, si classificano i manufatti in base alla loro forma e li si pone entro determinati “tipi”. La tipologia litica è la scienza che permette di riconoscere, definire e classificare la diversa varietà di utensili che si rinvengono nei giacimenti (Bordes, 1961).
Il Paleolitico è diviso in: inferiore, medio e superiore.
Il Paleolitico inferiore comincia con i primi semplici strumenti (un tempo detti chopper) risalenti a 2.5 Ma fa e rinvenuti nel sito di Kada Gona in Etiopia. I ritrovamenti a Dmanisi (Georgia) dei resti del cosiddetto Homo georgicus (datato a circa 1.8 Ma fa) ci mostra che la prima uscita dall’Africa avvenne con strumenti olduvaiani. L’Acheuleano (che deve il nome ai ritrovamenti di Mortillet a Saint Acheul nel 1872) vede la bifacciali, hachereaux e bolas. Il sito più antico è Ubeidiya (Israele) datato a 1.4-1.2 Ma.
Nel Mesolitico le industrie litiche sono Sauveterriano e Castelnoviano nel sud e complesso di Beuron-Coincy e di Montbani nel nord.
Con il Neolitico la situazione si fa invece molto complessa,

Davide Bertè 27 novembre 2011

Come in ambito paleontologico si classificano le forme viventi in base alla loro morfologia, così in archeologia, pur con le limitazioni del caso, si classificano i manufatti in base alla loro forma e li si pone entro determinati “tipi”. La tipologia litica è la scienza che permette di riconoscere, definire e classificare la diversa varietà di utensili che si rinvengono nei giacimenti (Bordes, 1961).
Primo teorico di questo approccio fu lo studioso americano O. Montelius, che rilevó che la forma dei manufatti cambia (si evolve, nel nostro parallelo biologico) nel tempo e che quindi può essere utilizzata per datare sequenze stratigrafiche (come lo sono i fossili guida in paleontologia). Già nel 1819 Thomsen aveva proposto una suddivisione in tre etá: Età della pietra, Età del bronzo, Età del ferro. L’Età della pietra venne in seguito suddivisa da Lubbock (1865) in Età della pietra scheggiata o Paleolitico e Età della pietra levigata o Neolitico. Attualmente le suddivisione dell’Età della pietra sono: Paleolitico, Mesolitico e Neolitico.
Bisogna precisare, quindi, che le diverse età cominciano in periodi differenti nelle diverse aree geografiche (a seconda di quando è stata adottata una tecnologia) e che le industrie litiche non sono legate a una particolare specie (ad es. un reperto musteriano potrebbe essere stato prodotto tanto da un uomo di Neandertal che da un Homo sapiens).
Nel Paleolitico abbiamo le seguenti industrie litiche: Olduvaiano; Acheuleano; Musteriano, Castelperroniano e Uluzziano; Protoaurignaziano; Aurignaziano classico; Aurignaziano tardo; Gravettiano antico; Gravettiano evoluto; Solutreano; Maddaleniano; Aziliano. Nei lavori più recenti è in uso una nuova terminologia, che cerca di mettere in evidenza il fatto che le industrie non sono in relazione con le specie che le hanno prodotte: modo 0 in luogo di preolduvaiano; modo 1 invece di Olduvaiano, modo 2 al posto di Acheuleano; modo 3 invece di Musteriano.
Il Paleolitico è diviso in: inferiore, medio e superiore.
Il Paleolitico inferiore comincia con i primi semplici strumenti (un tempo detti chopper) risalenti a 2.5 Ma fa e rinvenuti nel sito di Kada Gona in Etiopia. I ritrovamenti a Dmanisi (Georgia) dei resti del cosiddetto Homo georgicus (datato a circa 1.8 Ma fa) ci mostra che la prima uscita dall’Africa avvenne con strumenti olduvaiani. L’Acheuleano (che deve il nome ai ritrovamenti di Mortillet a Saint Acheul nel 1872) vede la bifacciali, hachereaux e bolas. Il sito più antico è Ubeidiya (Israele) datato a 1.4-1.2 Ma.
Il Paleolitico medio comincia circa 300 ka fa con il Musteriano (dal sito di le Mustier in Dordogna). Tipico di questa industria è la diffusione dello sfruttamento del nucleo secondo il metodo levallois che permette un migliore sfruttamento della materia prima e la creazione di schegge fortemente predeterminate.
Il Paleolitico superiore vede una maggiore differenziazione dei supporti e della morfologia e dimensione degli strumenti. Compaiono in questo periodo lame e lamelle (schegge con un lato che superi l’altro in lunghezza del doppio).
Nel Mesolitico le industrie litiche sono Sauveterriano e Castelnoviano nel sud e complesso di Beuron-Coincy e di Montbani nel nord. Durante il Mesolitico si afferma inoltre il cosiddetto microlitismo: schegge di selce molto piccole dette armature che venivano montate in serie su supporti di legno e fissati con resine.
Con il Neolitico la situazione si fa invece molto complessa, con una pletora di complessi che si sviluppano rapidamente e si differenziano localmente. Famose sono le asce di pietra levigata, che avevano spesso anche funzione simbolico-rituale. Durante questo periodo si ha la diffusione dell’agricoltura, la domesticazione degli animali e i primi oggetti di terracotta. Per una trattazione di questo periodo vi rimando a testi specialistici.

Le etá a mammiferi del Quaternario

Sono onorato di ospitare questo articolo di Davide Bertè, amico e collega di lunghe estati di lavoro.

L’argomento è tecnico e sarà un ottimo supporto per chi dovesse fare i conti con la datazione di alcune associazioni di mammiferi fossili italiani, ma sarà anche un ottimo spunto per chi è curioso e vuole rendersi un po’ conto di quanto siano complesse alcune tipologie di ricerca sul passato. Buona Lettura. (Stefano Rossignoli 22 novembre 2010).

In Grotta

Articolo di Davide Bertè – 22 novembre 2010

Capita spesso, durante uno scavo paleontologico, di rinvenire dei reperti ma di non poterli datare. Come fare allora per collocarli nel tempo geologico? L’unica soluzione è basarsi sui fossili presenti e vedere come sono associati. La biostratigrafia è quella branca che si occupa di determinare le suddivisioni del tempo geologico in base ai fossili che si rinvengono negli strati.

Sono in uso due scale: una basata sui macromammiferi e una sui micromammiferi. La distinzione è necessaria perché i due gruppi sono soggetti a diversi processi tafonomici (tutto ciò che capita a un organismo dopo la morte); inoltre, mentre i primi sono poco legati a condizioni microclimatiche e microambientali, i secondi invece lo sono molto.

Leggi tutto “Le etá a mammiferi del Quaternario”

La ‘Grotta dell’Orso’ sul Monte Generoso

Stefano Rossignoli 21 ottobre 2010

www.cavernagenerosa.it

Qualche giorno fa, sono stato interpellato dall’amica Paleontologa Barbara Laurenti dell’associazione l’Armadillo che mi chiedeva se fossi disponibile per tornare sul Monte Generoso a fare alcune visite guidate di fine stagione per le scolaresche.

Il Monte Generoso e la sua Grotta dell’Orso sono per me infatti vecchie conoscenze e camminare per quei prati, boschi e calcari traforati da più di 80 grotte scoperte fino ad ora, è quasi come camminare nel corridoio di casa.
E’ quindi visibilmente emozionato che mi sono presentato dopo un anno e mezzo di assenza da quelle parti.

Prima visita guidata prenotata per le 11:30.
Io però sono arrivato presto.
…Molto presto, perchè il Monte Generoso offre il meglio di sè nelle ore di scarsa frequentazione.
La sua cima (o comunque poco sotto) è raggiunta da una cremagliera che porta ogni giorno centinaia di persone a godere dello splendido panorama che offre questo balcone naturale sulle Alpi e sulla Pianura Padana.

Un lato ‘positivo’ della gente che arriva col trenino in cima è che normalmente non ama camminare quindi, a breve distanza dalla stazione di arrivo della cremagliera, ci si trova proiettati comunque in un ambiente selvaggio e naturalisticamente importante …non solo per la presenza di una sottospecie endemica (cioè tipica solo di quel luogo ..anche se in realtà è ancora più bella da guardare sul vicino Sasso Gordona) di Peonia officinalis, ma per una serie innumerevole di organismi animali e vegetali che vi abitano, per la sua geologia e la sua storia antichissima, per quella antica e per quella più recente fatta da contrabbandieri e pastori.

Da dove salgo oggi?
Mi presento a ‘Bellavista’ dove da giugno a settembre compresi si paga il parcheggio (neanche molto in realtà) ma in ottobre è gratuito lasciare l’auto.
Ho percorso la stretta stradina che da Mendrisio passa tutta a curve attraverso un vastissimo bosco di castagni che ora a 1200m circa sono sostituiti dalla faggeta.
In questi boschi spesso ho visto Cervi, Caprioli, Camosci, Tassi, Topolini, Qualche Cinghiale, Falchi di varie specie tra cui il più comune è il Gheppio, il Corvo Imperiale, il Picchio Nero, Beccacce, Rane, rospi, Biacchi, Vipere, Lucertole, Orbettini …ma non vado avanti sennò arrivo a sera!!!
Parlare delle piante è quasi inutile, non ne sono in grado… Lo potrebbe fare in modo esauriente l’amico Attilio Selva che incontravo più e più volte su per la montagna mentre ne studiava la flora per redarre i suoi libri… Ora, quando non insegna, lo potete incontrare spesso al Museo della Valsanagra a Grandola e Uniti dove si occupa anche della sala di Paleontologia…
Da Bellavista una sterrata chiusa da una sbarra parte verso la stazione intermedia del trenino a cremagliera. Dalla stazione, una volta attraversati i binari, parte il piccolo e mai troppo ripido sentiero che porta in cima al Monte superando la faggeta, poi vasti ‘boschi’ di felci e poi il pascolo.
In prossimità delle baite vicine alla cima, il sentiero a volte è sbarrato da alcuni cancelletti per non far disperdere il bestiame. Basta aprirli e poi richiuderseli alle spalle…
Da qui, si può raggiungere la cima del Generoso e godere di una vista a 360° tutt’intorno, oppure per la grotta si prosegue quasi in piano verso ENE (circa ad est!) su una comoda stradina.
Vi trovate ora sul confine Italo-Svizzero!
Percorsi circa due o trecento metri, si svolta a sinistra in discesa (indicazioni gialle nei periodi di apertura della Grotta e comunque la discesa inizia su una evidente rampetta in cemento) e si entra in Italia camminando per altri 20 min circa fino ad arrivare all’apertura della grotta a 1450m di quota vicini ad un ciclopico faggio…

Perchè tante grotte sul Monte Generoso?
Come gran parte delle Prealpi, anche questa montagna è composta principalmente di Calcare. Il calcare (CaCO3) è un sale e si scioglie in presenza di acqua. Se l’acqua è lievemente acida (come quella piovana) si scioglie ancora meglio.
Non a caso uno dei metodi utilizzato dai geologi per riconoscere il calcare da altri tipi di roccia è versare una goccia di acido cloridrico, HCl (95%vol di acqua e 5%vol di HCl) e vedere se reagisce oppure no.
Se frizza è calcare!!!
Basta quindi una piccola fessura nella roccia ed una notevole dose di tempo (da decine a centinaia di migliaia di anni o milioni) perchè questa fessura si allarghi fino a diventare una grotta.
Ovviamente di spaccature e fessure ce ne sono tante e man mano che si allargano formano dei veri e propri reticoli di grotte all’interno della montagna. Queste grotte sono solitamente collegate tra loro e trasportano acqua (e aria) formando una rete idrica interna.
Molti cunicoli orizzontali si aprono in grandi camere e i vari livelli di grotte sono collegati tra loro da altre aperture verticali chiamati camini
L’interno della montagna rimane quindi impregnato di acqua quasi in ogni sua parte e le grotte dei livelli inferiori sono quasi sempre piene di acqua e spesso (come nel caso del Monte Generoso) dei veri acquedotti naturali. Quelle dei livelli superiori si riempiono man mano che le precipitazioni si fanno importanti e poi riversano il contenuto in quelle inferiori.
Questo fenomeno di formazione delle grotte e altre morfologie nel calcare è conosciuto come Carsismo (dal noto gruppo montuoso friulano del ‘Carso’, guarda caso calcareo!) ed interessa moltissime zone del nostro pianeta in cui masse di calcari affiorano trovandosi in balia delle precipitazioni meteoriche…

Ma chi era e cosa ci faceva in grotta l’Orso delle Caverne?
L’Orso delle Caverne (nome scientifico: Ursus spelaeus) era un grosso animale dall’aspetto robusto. Coi suoi 50cm di cranio e circa 3m di lunghezza dalla punta del muso alla coda, raggiungeva anche più di 800Kg di peso. Erano i maschi gli individui più grandi.
Per quanto risulti strano nell’immaginario collettivo, l’orso delle Caverne non era specializzato per una dieta carnivora, ma per una dieta essenzialmente vegetariana.
Un carnivoro ha tutti i denti aguzzi e taglienti, …non solo i canini!
Provate a tirar su la guanciotta a un cane o a un gatto e guardate i denti posteriori!!!
Ursus spelaeus invece, si porta un ‘corredo’ di premolari e molari molto larghi e piatti, ideali per triturare i vegetali.
Solo i quattro grossi canini restano a dimostrare le origini e la parentela con i suoi antenati e parenti strettamente carnivori, oppure onnivori…
Le abitudini di vita di questo grosso Orso dovevano comprendere ore e ore passate a mangiare ogni giorno.
I vegetali infatti nutrono meno della carne e se ne deve quindi mangiare una maggior quantità.
D’estate quindi questo animale accumulava grasso fino a che giungeva il periodo del letargo in cui Ursus spelaeus andava a cercarsi una grotta dove passare l’inverno.
Ma se d’estate l’orso aveva mangiato poco? Se non aveva accumulato grasso a sufficienza per il lungo inverno da passare in grotta? Supponiamo anche che avesse avuto un problema alla dentatura. Denti vecchi, consumati, o rotti…
Un problema del genere si risolveva normalmente con la morte dell’individuo.
E se l’individuo era una femmina adulta?
Questa normalmente partoriva in grotta, si pensa alla fine del letargo e se era troppo magra non aveva latte, così il piccolo moriva quasi subito di fame o addirittura nel grembo insieme alla madre…
Queste tristi storie sono documentate da decine di migliaia di ossi (si chiamano ossi quelli degli animali!) di orsi tra cui moltissimi di femmine adulte e una miriade di ossi e denti di cuccioli appena o mai nati.
Ricordo quando per una tesi setacciai con Paolo Vismara (oggi dottorando in Paleontologia dei Vertebrati) centinaia di chili di sedimento proveniente dagli scavi universitari in grotta e poi lo guardammo tutto al microscopio binoculare in cerca di denti fossili di micromammiferi (principalmente topolini) per ottenere una ricostruzione paleoambientale… Ricordo le decine, o forse centinaia, di denti da latte di piccoli orsi che trovammo….

Anche i grossi maschi morivano, ma in minor quantità…
Le datazioni dei reperti della Caverna generosa vanno dagli oltre 50000 anni fa all’attuale… Siamo nel Pleistocene e Olocene (vedi scala dei tempi geologici)
L’orso delle caverne si è estinto circa 20000 anni fa e in questa grotta si può seguire il periodo del declino di questa specie in cui le condizioni di salute di Ursus spelaeus continuavanono a peggiorare fino alla scomparsa definitiva…
Sarebbe certamente bello scoprire la causa di questo declino, ma per ora non ci è concesso…
In un primo tempo si pensava all’ultima glaciazione che ebbe il suo picco più freddo circa 20000anni fa, ma ora si pensa che non sia stata la causa primaria dell’estinzione, in quanto Ursus spelaeus comparve circa 300000 anni fa e passò quindi due glaciazioni senza problemi mentre l’ultima gli fu fatale…certo che fu anche minimamente più fredda…

In ultimo, la Caverna Generosa è anche uno dei luoghi che mostrano tra le più antiche frequentazioni italiane da parte dell’uomo di Neandhertal.
Sono stati trovati alcuni utensili come dei raschiatoi, manufatti e lame in pietra scheggiata, più precisamente selce rossa che non arriva dalla grotta, in quanto anche nelle zone limitrofe c’è solamente selce nera o grigiastra.
L’uomo di Neandhertal quindi doveva frequentare la caverna in estate per la caccia arrivando da chissà dove con la selce lavorata o da lavorare e poi d’inverno se ne tornava da qualche parte più in basso al riparo dal gelo della montagna…

Montagna di mille colori il Monte Generoso in autunno.
Una bella gita da unire, perchè no, alla visita della grotta.
I paleontologi dell’Associazione l’Armadillo saranno sempre felici di accompagnarvi a scoprire le meraviglie di un passato che ci sembra così lontano ma in realtà è così dietro l’angolo …o meglio, dentro un cunicolo!!!!


Che bei ricordi!!!

Per informazioni: www.cavernagenerosa.it

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