Andiamo a vedere un ghiacciaio!

Stefano Rossignoli 2 marzo 2010

I bacini di accumulo della Mer de Glace - Foto di Franco Tosolini

Nevica ancora molto in quota, ma sta arrivando la primavera, le giornate si allungano e perchè non andare a guardare come è fatto un bel ghiacciaio?
Da lontano, s’intende!
Per camminare o arrampicarsi su un ghiacciaio è buona norma farsi accompagnare da una Guida Alpina oppure avere un’adeguata esperienza maturata sul campo dopo aver seguito corsi o stage di ghiaccio mirati…Non è mai conveniente fare i ‘turisti della Domenica’ sopra un ghiacciaio

Sta di fatto che se leggete questo articolo state cercando un posto comodo dal quale osservare un ghiacciaio, raggiungibile con una bella passeggiata, o magari pure in seggiovia o funivia…
E magari vorrete anche portarci i vostri pargoli!!!

Per ora ho scelto la Valle d’Aosta perchè la conosco meglio di altri posti, ma in futuro magari ne vedremo altri…

Cominciamo con il re dei luoghi dove osservare un Ghiacciaio: Il Monte Bianco!
Noi Italiani infatti abbiamo la fortuna di vivere a ridosso, o comunque molto vicini alla catena alpina e di ‘avere’ un intero versante del ‘Tetto d’Europa’ dove i ghiacciai e le guglie affilate di granito dominano con netta superiorità i monti circostanti…

In pratica vi darò cinque alternative, più che altro estive, con cui osservare al meglio le bellezze glaciali della Val Veny.

Per raggiungere questa vallata, bisogna prendere l’autostrada del Traforo del Monte Bianco e arrivare a Courmayeur da cui si alza verso sinistra la ripida stradina che con qualche curva ed un paio di tornanti porta su in Valle.
Già salendo da questa strada, arriviamo al primo ‘balcone’ su un meraviglioso e dinamicissimo ghiacciaio: quello della Brenva.
Arrivati infatti nei pressi della chiesetta di Notre Dame de la Guerisonne, si può parcheggiare la macchina e, anche se ancora sulla strada, basta guardare verso nord e lo sguardo si perde , lassù, nella moltitudine di seracchi del ghiacciaio della Brenva.

La Brenva vista dall'alto! (Foto di Franco Tosolini)

Non è raro se si ha un po’ di pazienza, vedere e poi sentire il fragore di una valanga di ghiaccio abbattersi sulla lingua del ghiacciaio sottostante che è quasi interamente coperta da detriti. La lingua del ghiacciaio della Brenva, per questo motivo, viene chiamata ‘Ghiacciaio Nero’ o , all’inglese ‘Debris covered glacier’.
La spessa copertura di detriti causa anche una minore ablazione, quindi i ghiacciai neri si fondono meno dei ghiacciai che non sono ricoperti da detrito…
Le valanghe del Ghiacciaio della Brenva hanno causato spesso dei grossi danni. Sembra impossibile, ma una enorme valanga nell’inverno del 1996 rase al suolo decine di migliaia di alberi del versante opposto al ghiacciaio (proprio quello da cui si guarda!!!)
Poco tempo dopo sempre d’inverno, a causa del distacco di un ‘frammento’ di una guglia rocciosa che si è abbattuto sul ghiacciaio, è scesa un’altra valanga di dimensioni colossali che ha quasi raggiunto il piazzale della funivia di Entreves…

Ma, continuando a salire per la carrozzabile della Val Veny vedrete sul fondo-valle delle guglie aguzze ed isolate. Sono le ‘Piramidi calcaree’ che si trovano quasi alla fine della Val Veny Sotto di loro (ma a metà valle) vedrete due bracci di ghiacciaio (anch’esso un Ghiacciaio Nero), avvolgere una macchia verde fatta di alberi e prati.
Questo è il ghiacciaio del Miage.

Ai casolari della Visaille troverete parcheggio ed una sbarra chiusa sulla strada principale. Da qui, seguendo la strada o un comodo sentiero al suo fianco, potrete raggiungere il laghetto del Miage, splendido esempio di lago periglaciale (cioè sul perimetro del ghiacciaio, appena attaccato ad esso) chiuso tra la lingua del ghiacciaio e l’enorme morena di sponda.
Il laghetto è famoso perchè si può osservare (o meglio si poteva fino a qualche anno fa) il fenomeno del calving e sono frequenti i crolli di blocchi di ghiaccio dentro il lago.
Per questo è consigliabile non avvicinarsi troppo alle rive del laghetto e al ghiacciaio stesso.
I continui crolli del Miage, della Brenva e dei ghiacciai circostanti ci dimostrano quanto questi ghiacciai siano dinamici e si muovano in continuazione.

Le lingue dei ghiacciai del Miage e della Brenva scendono dalle pendici del Monte Bianco. E allora, visto che siamo così vicini a questa Montagna, perchè non andare a guardare tutto il suo versante sud?
In Val Veny è comodo e possiamo farlo almeno in due modi: con gli impianti di risalita, oppure a piedi!
In entrambi i casi, andrei alla partenza della seggiovia Zerotta dalla quale si può scegliere come risalire il versante destro idrografico della Valle che si trova proprio di fronte a questa meravigliosa Montagna!

Cosa vuole dire idrografico?
Immaginate di essere su un ponte che attraversa il fiume, mettete le spalle verso la parte da cui arriva l’acqua che è la stessa cosa di dire:”Guardate nella direzione e nel verso in cui scorre l’acqua”. Così avrete il versante destro idrografico alla vostra destra e di conseguenza il sinistro alla vostra sinistra. L’esempio è nella figura qui sotto!

Esempio destra e sinistra idrografica

Chi sceglierà la seggiovia, in qualche minuto si troverà a 2000m, chi potrà scegliere i propri piedi camminerà fin qui tra foreste di conifere. Da qui il panorama sui ghiacciai del M.Bianco è già incredibile.
Sia salendo a piedi che in seggiovia, cercate poi il segnavia per il Lago del Checrouitte (di solito in Valle d’Aosta i segnavia sono bandierine gialle scritte in nero). Una volta arrivati in questo luogo, vi assicuro che siete su uno dei ‘balconi’ tra i più accessibili e più belli che guardano il Monte Bianco.
Dal piccolo laghetto, i camminatori allenati potranno proseguire in quota per qualche ora fino all’Arp Vieille e poi ridiscendere verso il Lac du Combal, in prossimità del laghetto del Miage.

Ultima alternativa? Già che si parla di impianti di risalita, se volete spendere qualche soldino, da La Palud parte la funivia che porta a Chamonix e attraversa ghiacciai, enormi seracchi e luoghi così splendidi che nemmeno riesco a descrivervi, un ‘Mare di Ghiaccio’ a perdita d’occhio!

Visita il link: Funivia dei ghiacciai

La funivia attraversa la catena del M.Bianco e arriva agli oltre 3800m della Aguille du Midi… Non si sale in maglietta quindi, eh…

Seracchi della Vallee Blanche (Foto di Franco Tosolini)

La funivia che porta da Punta Helbronner all'Aguille du Midi (Foto di Franco Tosolini)

Beh, direi che ‘forse’ in Val Veny o lì vicino vale la pena passarci un po’ di tempo, un week end o una vacanza in uno degli ambienti più dinamici (naturalisticamente parlando) che io conosca.

Cosa è un ghiacciaio

La piccola Età Glaciale

Le grandi Glaciazioni Quaternarie

La Riserva del Sasso Malascarpa

Stefano Rossignoli 21 giugno 2009

triassicpark

Il Sasso Malascarpa si trova nel gruppo dei Corni di Canzo appena sopra Malgrate (LC) e da Milano lo si raggiunge in un attimo percorrendo la strada statale Milano-Lecco…
Lungo la rete di sentieri si trovano pannelli esplicativi riguardo le bellezze della zona.

Ma perchè proprio il Sasso Malascarpa?

Beh. Ci troviamo a contatto con una storia geologica così antica e complessa che comincia nel periodo Triassico, più di duecento milioni di anni fa! Le rocce tra le quali si cammina sono di origine marina e non è raro trovarsi su una antica barriera corallina che ora si trova a centinaia di metri di altitudine a causa dei movimenti della crosta terrestre… oppure trovarsi in un angolo di Dolomiti a pochi chilometri dal Lago di Como.
Sapevate che, ad esempio il Resegone, montagna che ha fatto da cornice ai ‘Promessi Sposi’ è formato dalle stesse rocce che troviamo sul monte Civetta e sulle Cime di Lavaredo?
La cosa che vi consiglio poi è affidarvi agli esperti di ‘nuova geoteam’ Marta Boccaletti e Andrea Tintori che potranno accompagnarvi in questo viaggio nel passato attraverso antichi fondali marini popolati da altrettanto antichi esseri viventi di cui sono rimasti i resti fossili.

Per saperne di più: – www.triassicpark.eu –

Per visite guidate rivolgersi a Nuova Geoteam: martaboccaletti@alice.it

Il Museo di Grandola e la Grotta della Noga

Stefano Rossignoli 8 giugno 2009

Consultiamo le mappe in prossimità della Grotta della Noga

Il Museo di Storia Naturale di Grandola e Uniti, merita almeno una visita…
Ho avuto la fortuna di fare una visita guidata molto speciale col curatore della sala di Paleontologia Attilio Selva che, oltre ad un amico è anche un competente Naturalista e conoscitore delle ‘sue’ zone tra cui lo splendido Parco della Val Sanagra. Da tempo volevo andare a visitare questi luoghi e ho approfittato di un giorno intero di ferie per esplorare un po’ la zona circostante a piedi e poi finire la giornata in Museo.
Con gli amici Sam e Tessi, sono andato fin sopra Valsolda e da lì, una camminata di 800m di dislivello in ambienti selvaggi, su sentieri poco segnati ma ben battuti, ci ha portato alla grotta della Noga. Qui si apre una cavità carsica (cioè formata dalla dissoluzione dell’acqua piovana sulle rocce calcaree) di 60m di lunghezza in cui sono stati trovati resti fossili di Ursus speleus, l’Orso delle caverne.
Questa grotta è stata scoperta molto tempo fa ed è stato fatto qualche scavo per estrarre i reperti durante il 1800.
Come tutti gli scavi di molto tempo fa non è stato fatto con criteri scientifici moderni ed il materiale non è più utile per la ricerca.
Resta comunque un ambiente affascinante e facilmente esplorabile senza troppi rischi. La grotta è alta, larga, luminosa. Basta mettere un caschetto per evitare di tirare capocciate sulla volta rocciosa e portarsi una torcia per poter guardare anche gli ultimi metri che sono i più belli…

Scesi di nuovo a Valsolda, ci siamo diretti a Grandola dove Attilio Selva ci aspettava per illustrarci le meraviglie del museo.
In effetti è incredibile come un paese così piccolo possa ospitare così tanto. Ci si trova subito catapultati indietro nel tempo, inizialmente solo di qualche anno attraversando la prima parte etnografica, per poi essere travolti dal passato vero e proprio!
La Val Sanagra ospita degli affioramenti di rocce del periodo carbonifero, siamo nell’era paleozoica, circa 300 milioni di anni fa. In questo periodo le foreste esistevano, ma erano profondamente diverse dalle attuali. Erano formate per lo più da parenti delle attuali felci ed equiseti, ma che superavano i 18m di altezza. A Grandola sono presenti i resti fossili di queste piante giganti del Paleozoico. Tenete presente che gli affioramenti paleozoici in Italia sono piuttosto rari e concentrati in pochissimi luoghi e Grandola è uno di questi.
Un’altra cosa incredibile è la quantità e la bellezza dei pesci fossili che risalgono al Triassico. Questo è un periodo particolare, in cui i pesci si differenziano in molteplici forme, generi e specie, tanto da fornire ancora tantissimo materiale di studio ai paleontologi che se ne occupano. Per questo motivo è tutt’ora in corso una collaborazione con il paleontologo Andrea Tintori dell’Università degli Studi di Milano.
Si arriva poi alla sezione zoologica in cui spicca il Grifone, per poi arrivare ai diorami e vetrine ambientate in cui sono ricostruiti gli ambienti dell’alta, media e bassa valle.
Questi hanno dell’incredibile per la loro fedeltà agli ambienti originali e meritano quanto quelli del Museo di Storia Naturale di Milano…
La visita si è conclusa con una bella chiacchierata amichevole e un arrivederci a presto!

Per saperne di più: – www.museovalsanagra.it –

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