La Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia.

The Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia was founded in 1895. It publishes original papers dealing with all fields of paleontology and micropaleontology, stratigraphy, biostratigraphy and sedimentology, mostly from the Italian and Mediterranean region, but also from other Tethyan areas, like for example Central Asia and Himalaya.

All papers are written in English since 1994 and are reviewed by international experts.

La Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia è stata fondata nel 1895.
Si occupa di pubblicare articoli relativi ad ogni campo di ricerca della paleontologia e micropaleontologia, stratigrafia, biostratigrafia e sedimentologia, principalmente di regioni italiane e mediterranee, ma anche delle altre aree riguardanti la Tetide, come per esempio Asia centrale ed Himalaya.

Tutti gli articoli sono scritti in inglese dal 1994 e revisionati da esperti internazionali.

Stefano Rossignoli  7 febbraio 2011
Intervista a Cristina Lombardo

Cristina Lombardo
Cristina Lombardo

Rivista Italiana di Paleontologia e StratigrafiaUno degli obiettivi di scienzafacile è quello di portare più scienza possibile e ricerca scientifica nelle case di tutti i viaggiatori della rete ed è per questo che mi capiterà di recensire qualche sito internet in cui appassionati, ma in questo caso soprattutto studenti graduati, non graduati e docenti potranno trovare informazioni utili con pochi click.

Comincio dal sito della ‘RIPS’ o ‘Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia’ per due semplici motivi:

Il primo motivo è che il sito è stato recentemente aggiornato e completamente rifatto da Cristina Lombardo, paleontologa, amica e redattrice della rivista; il secondo motivo è che la redazione si trova a tre porte dal laboratorio in cui spesso lavoro in Università come fossil-preparator ed ho visto coi miei occhi Cristina far nascere e crescere questo semplice e comodo web-site…

Ora al suo numero 116/3, la RIPS ospita le pubblicazioni di ricercatori italiani e stranieri dal 1895.
Su questo sito, oltre alle modalità di sottoscrizione dell’abbonamento, è possibile anche leggere online i riassunti nonché alcune pubblicazioni  scientifiche complete visualizzabili/scaricabili in formato.pdf
L’accesso alle ultime news, più precisamente quelle degli ultimi due anni, è riservato agli abbonati, ma la quantità di informazioni che si possono ricavare anche senza essere abbonati è davvero notevole.

Ecco una parte del testo introduttivo della home page di cui posto una breve traduzione:

The Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia was founded in 1895. It publishes original papers dealing with all fields of paleontology and micropaleontology, stratigraphy, biostratigraphy and sedimentology, mostly from the Italian and Mediterranean region, but also from other Tethyan areas, like for example Central Asia and Himalaya.

All papers are written in English since 1994 and are reviewed by international experts.

La Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia è stata fondata nel 1895. Leggi tutto “La Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia.”

Conoscere le temperature del passato…

E’ sicuramente facile accedere alle banche di dati raccolti dai centri meteorologici nelle ultime decine di anni, ovvero da quando esiste la meteorologia…

Stazione Meteo nei pressi del Colle Changere – Val di Rhemes (AO)

Ma per conoscere le temperature del passato (passato inteso come migliaia o addirittura decine e centinaia di migliaia di anni) come procediamo?
Chi, o meglio, cosa ha potuto registrare le temperature di così tanto tempo fa?
Nessuno di certo si è messo a scriverle e, bene che vada, i primi dati scritti possono risalire a pochissime migliaia di anni fa.

Per nostra fortuna però, in natura esistono ‘registratori’ di temperatura a frequenza stagionale e sono principalmente i ghiacciai polari (soprattutto in Antartide e in Groenlandia).
Anche i sedimenti oceanici sono ottimi ‘registratori’. Anche se non a cadenza stagionale, forniscono dati perfettamente correlabili a quelli ottenuti dai ghiacciai. Anche l’abbondanza dei pollini contenuti in alcune successioni sedimentarie possono indicarci molto bene l’andamento delle temperature a seconda dell’abbondanza relativa di specie individuate…

Ci occuperemo comunque soprattutto dei primi…

Il δ 18 O0/00 – Stefano Rossignoli 23 gennaio 2011

Val di Rhemes (AO)

Nelle immagini, alcuni ghiacciai e zone delle Alpi a cui sono particolarmente affezionato…

Scrivere di temperature medie globali su un sito divulgativo, sembra voler dire per forza occuparsi di ‘riscaldamento globale’ o, detto all’Inglese, di ‘global warming’.

Invece, su scienzafacile ci occuperemo semplicemente di capire come viene registrato questo aumento delle temperature attualmente in corso!
Per poter dire che esiste un riscaldamento globale, dobbiamo assolutamente conoscere le temperature del passato in modo da confrontarle con quelle attuali e quindi poter dire che sono superiori!

Per fare ciò, abbiamo bisogno di una registrazione e archiviazione dei dati.
E’ sicuramente facile accedere alle banche di dati raccolti dai centri meteorologici nelle ultime decine di anni, ovvero da quando esiste la meteorologia…

Stazione Meteo nei pressi del Colle Changere - Val di Rhemes (AO)

Ma per conoscere le temperature del passato (passato inteso come migliaia o addirittura decine e centinaia di migliaia di anni) come procediamo?
Chi, o meglio, cosa ha potuto registrare le temperature di così tanto tempo fa?
Nessuno di certo si è messo a scriverle e, bene che vada, i primi dati scritti possono risalire a pochissime migliaia di anni fa.

Per nostra fortuna però, in natura esistono ‘registratori’ di temperatura a frequenza stagionale e sono principalmente i ghiacciai polari (soprattutto in Antartide e in Groenlandia).
Anche i sedimenti oceanici sono ottimi ‘registratori’. Anche se non a cadenza stagionale, forniscono dati perfettamente correlabili a quelli ottenuti dai ghiacciai. Anche l’abbondanza dei pollini contenuti in alcune successioni sedimentarie possono indicarci molto bene l’andamento delle temperature a seconda dell’abbondanza relativa di specie individuate…

Ci occuperemo comunque soprattutto dei primi… Leggi tutto “Conoscere le temperature del passato…”

Dai Dinosauri agli Uccelli (Parte I)

Ed ecco una perla del nostro ospite Daniele Tona che ci spiega un passaggio chiave dell’evoluzione dei Vertebrati. Come si è passati dai Dinosauri agli Uccelli?
La cornice è data dalle splendide immagini della nostra nuova ospite Alessandra Morgillo.

Daniele Tona 16 settembre 2010

Ed ecco una perla del nostro ospite Daniele Tona che ci spiega un passaggio chiave dell’evoluzione dei Vertebrati.
La cornice è data dalle splendide immagini della nostra nuova ospite Alessandra Morgillo.


Nibbio reale (Milvus milvus) – Foto di Alessandra Morgillo

Quindi ora basta dire che i Dinosauri volanti non esistono!!! …ma leggiamo un po’…

Se vuoi, leggi prima “Chi sono i Dinosauri” …di Daniele Tona

Gli uccelli sono fra gli animali con i quali abbiamo maggior familiarità e che sono più facilmente riconoscibili: in fondo, gli uccelli sono gli unici animali ad avere un folto piumaggio, a deporre le uova e (nella maggior parte di loro) a saper volare.
Prima di capire da dove provengano gli uccelli, può essere utile ricapitolare le loro caratteristiche anatomiche salienti.

Lo scheletro degli uccelli si è radicalmente modificato per consentire loro di spiccare il volo: le ossa sono leggere e cave all’interno (presentano una struttura detta trabecolare), e queste cavità contengono prolungamenti dell’apparato respiratorio, le cosiddette sacche aeree, che non solo alleggeriscono il corpo, ma permettono di immagazzinare una maggiore quantità di aria, e quindi di ossigeno; lo sterno si è ingrandito a dismisura per permettere l’inserzione dei potenti muscoli che servono a battere le ali; nell’arto anteriore gli ossicini del polso si sono fusi con quelli della mano formando il cosiddetto carpometacarpo, e le dita si sono ridotte; il cinto pelvico si è irrobustito, andando a comprendere anche alcune vertebre dorsali nel sinsacro; le stesse vertebre si sono ridotte di numero, soprattutto nella coda, dove quelle più distali si sono fuse nel pigostilo; le ossa della caviglia e del piede si sono fuse in un tarsometatarso, con il primo dito (l’equivalente del nostro alluce) ribaltato. Infine, l’intero corpo degli uccelli è ricoperto da piume con funzione isolante, e da penne che servono sia come copertura sia per il volo.

L’anatomia degli uccelli è così peculiare che per molto tempo ai naturalisti è bastato trovare un osso o una penna per stabilire inequivocabilmente che il loro proprietario originale fosse un uccello.


Luì piccolo (Philloscopus collybita) – Foto di Alessandra Morgillo

Poi, un giorno del 1861, in una località della Baviera chiamata Solnhofen emerse dalle lastre calcaree estratte nelle cave locali lo scheletro di una creatura vissuta alla fine del Giurassico, più di 150 milioni di anni fa.
Il fossile somigliava in tutto e per tutto a un dinosauro: aveva zampe anteriori con tre dita artigliate, una bocca irta di denti e una lunga coda ossuta.
Ciò che però sconcertò gli scopritori fu l’impronta che circondava lo scheletro: nel finissimo calcare giurassico si era infatti conservata la traccia di lunghe penne che spuntavano dalle braccia e dalla coda, identiche alla singola penna fossile ritrovata solo l’anno prima nella stessa località e attribuita a un animale battezzato Archaeopteryx lithographica, “antica ala della pietra litografica”.
L’Archaeopteryx è un fossile estremamente importante: non solo ha fornito un punto di partenza per l’indagine sull’origine degli uccelli, ma ha anche costituito la prova concreta che la teoria di Darwin sull’evoluzione, pubblicata poco tempo prima nel suo saggio Su “l’origine delle specie”, aveva un fondamento, tanto che i detrattori della teoria additarono Archaeopteryx come un falso creato ad hoc a sostegno di Darwin.
E veniamo così al nocciolo del discorso: è considerato un dato di fatto che Archaeopteryx sia il primo uccello, il più antico rappresentante del gruppo (o più correttamente, del taxon) denominato Avialae.
Quello che è rimasto oscuro per molti decenni dopo la scoperta di Archaeopteyx non è tanto in cosa si stesse evolvendo, quanto da dove arrivasse, cioè da quale animale si sia evoluto.
Sono state avanzate numerose teorie in proposito: alcuni sostenevano che fosse un parente stretto dei coccodrilli, altri che fosse un “cugino” degli pterosauri, altri ancora che fosse un dinosauro le cui squame si erano evolute in penne.
Quest’ultima ipotesi è sempre stata quella più in voga, ma mancavano le prove concrete, qualcosa che confermasse una volta per tutte la validità della teoria.
La risposta è finalmente giunta negli anni Novanta, quando i paleontologi ebbero modo di studiare alcuni scheletri fossili rinvenuti in Cina, nella regione di Liaoning.
Questi fossili sono conservati in sedimenti della Formazione Yixian e vengono datati a circa 120 milioni di anni fa, nel Cretaceo Inferiore; sono chiaramente dei dinosauri, ma come Archaeopteryx possiedono delle piume la cui morfologia spazia da quelle filamentose di Sinosauropteryx a quelle sviluppate e coerenti di Caudipteryx, fino al Microraptor con lunghe penne addirittura sugli arti posteriori.
Questi straordinari ritrovamenti hanno dimostrato che le penne erano già presenti nei dinosauri, provando una volta per tutte che gli uccelli derivano proprio da essi, e in particolare dai bipedi carnivori del gruppo dei Teropodi (per avere un’idea di chi fossero i Teropodi bastano tre nomi: Tyrannosaurus, Allosaurus e Velociraptor).
A ciò vanno aggiunti alcuni resti straordinari che testimoniano da parte dei dinosauri esempi di comportamento molto simili a quelli degli uccelli: fra questi, un Oviraptor morto accovacciato sulle sue uova mentre le stava presumibilmente covando (si è capito che erano sue dagli embrioni rinvenuti in alcune di esse), e il troodontide cinese Mei long, il cui scheletro è acciambellato con la testa sotto una zampa anteriore, proprio come gli uccelli quando dormono.
E’ quindi probabile che anche alcuni comportamenti degli uccelli odierni siano un retaggio dei loro antenati dinosauri.
Paradossalmente, i fossili di Liaoning hanno svelato un mistero ma ne hanno sollevato un altro: se le penne erano già presenti nei dinosauri, che chiaramente non volavano, a cosa servivano? Anche qui le ipotesi si sono sprecate, e fra le varie proposte vi sono l’isolamento termico
molto probabilmente i Teropodi erano predatori endotermi, o un po’ impropriamente “a sangue caldo”, per cui avevano bisogno di trattenere il calore corporeo; i piumini che indossiamo d’inverno sono la prova di quanto le piume possano essere isolanti,
(leggi “I dinosauri erano a sangue caldo o a sangue freddo?”)

oppure la comunicazione tra individui
penne molto colorate potevano aiutare i dinosauri a riconoscere i membri della loro specie,

o ancora come un cosiddetto display sessuale
i maschi avrebbero ostentato un piumaggio vistoso nel tentativo di far colpo sulle femmine.

C’è da dire che nelle diverse famiglie di Teropodi le piume presentano caratteristiche diverse, che guarda caso corrisponderebbero grossomodo alla posizione nel cladogramma, ossia l'”albero genealogico” dei dinosauri: nelle famiglie più antiche si trattava di piume filamentose, dapprima con un solo “ciuffo” e poi con più d’uno; in famiglie successive si è sviluppato l’asse centrale (il rachide) con il vessillo, dato dai rami laterali o barbe, a loro volta ramificate nelle barbule; in famiglie ancora più derivate si sviluppano uncini sulle barbule che conferiscono coerenza al vessillo; infine, il vessillo diverrà asimmetrico e idoneo a consentire il volo: è una condizione che troviamo solo negli Avialae menzionati prima e nei Deinonychosauria, il taxon che comprende le famiglie Troodontidae e Dromaeosauridae, ossia i “raptor” visti nella saga di Jurassic Park.
Appare perciò evidente che le penne dei dinosauri sono state impiegate solo in un secondo momento come supporto per il volo; ciò è accaduto con la comparsa delle penne asimmetriche, il cui profilo crea quell’effetto aerodinamico, detto di portanza, tale da ricevere la spinta verso l’alto fondamentale per staccarsi da terra.
Il primo ad avere i requisiti per sfruttare questa peculiarità delle penne è stato proprio Archaeopteryx; gran parte dei deinonicosauri era troppo grande per potersi alzare in volo, e l’unica eccezione, il Microraptor con quattro “ali” non è ancora ben chiaro se e come fosse in grado di usarle.


Cincia mora (Parus major) – Foto di Alessandra Morgillo

Ma come è nato il volo?
Le scuole di pensiero in proposito sono due: la teoria della “planata verso il basso” si basa sul presupposto che l’antenato di Archaeopteryx fosse un animale arboricolo (ovvero che viveva sugli alberi) che sfruttava la superficie alare per planare come un piccolo aliante, e che nel corso delle generazioni si fosse aggiunto alla planata un intervento dell’animale, che sbattendo le ali avrebbe potuto prolungare il tragitto percorso.
L’altra teoria, quella del “salto in alto” suppone che l’antenato di Archaeopteryx fosse un dinosauro terrestre corridore, che sbatteva le zampe anteriori durante la corsa per prendere velocità; è stato infatti osservato che alcuni uccelli odierni riescono a risalire di corsa pendii anche ripidi sfruttando la spinta verso l’alto offerta dal profilo delle ali; l’evoluzione avrebbe poi selezionato le penne affinché diventassero sempre più lunghe fino a essere in grado di sollevare da terra l’animale, trasformando la corsa iniziale in un rollio prima del decollo.
Non è ancora ben chiaro quale delle due teorie sia corretta, anche se quella del “salto in alto” ha acquisito un certo seguito alla luce delle più recenti ricostruzioni cladistiche.
Di certo, una volta che Archaeopteryx si è staccato da terra, la via per la conquista del cielo si è aperta.
In conclusione, abbiamo visto come la discendenza degli uccelli dai dinosauri, fino a pochi anni fa ancora permeata dal dubbio, sia ormai considerata un dato di fatto.
La prossima volta che nel piatto troviamo un pollo arrosto, quindi, ricordiamoci che stiamo mangiando la coscia di un dinosauro, e ringraziamo che i suoi cugini carnivori si siano estinti, altrimenti sarebbero loro a mangiare umani arrosto!

Dai Dinosauri agli uccelli (parte II)

Un altro passaggio chiave… (Dai rettili ai mammiferi …di Stefano Rossignoli)

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